PSICOLOGIA DI BABBO NATALE

È giusto raccontare ai propri figli che un vecchietto con la lunga barba bianca e vestito di rosso consegna i regali a tutti i bambini del mondo nella notte di Natale?  E fino a che età è normale credere a Babbo Natale? È giusto che i genitori “ingannino” i propri figli portandoli a credere all’esistenza di Babbo Natale?
Il timore di alcuni genitori è che chiedere ai bambini di credere a questa storia potrebbe sembrare un invito a essere creduloni e illogici.
La maggior parte degli esperti concorda sul fatto che credere a Babbo Natale, come a molte altre creature fantastiche, sia una fase normale dello sviluppo cognitivo, quando i bambini credono a questa figura devono dopotutto ancora attraversare diverse fasi di sviluppo cognitivo. Fino circa ai 6 anni, il loro modo di vedere il mondo è caratterizzato dal “pensiero magico” teorizzato da Piaget perciò credere a qualcosa che per noi è assurdo (come ad un vecchietto vestito di rosso con una slitta volante che riesce a portare regali in tutto il mondo in una sola notte) è per loro coerente e non intacca la loro capacità di giudizio perché il pensiero razionale a quell’età non è ancora sviluppato.
Alcuni genitori hanno paura che i bambini possano avere un trauma alla scoperta che Babbo Natale non esiste, ma questo pericolo è stato giudicato inesistente da Carole Slotterback, psicologa che ha svolto una ricerca intervistando centinaia di studenti. La studiosa afferma di aver trovato un solo caso di trauma causato dalla scoperta della non-esistenza di Babbo Natale, ma in quel caso a una bambina, il padre aveva detto che Babbo Natale non c’era più perché era morto a seguito di un infarto. Altri ricercatori hanno indagato la reazione di alcuni bambini alla scoperta della verità, la maggior parte di loro se ne è accorta da sola e ha espresso sentimenti positivi dopo la rivelazione, quando è avvenuto un piccolo dramma, è stato comunque di breve durata. Il dramma sembra più appartenere ai genitori che hanno sperimentato sentimenti di nostalgia e tristezza.
Nonostante queste rassicurazioni arrivate dalle ricerche, alcuni genitori sono preoccupati per il fatto di dire una bugia ai propri figli confermando l’esistenza di Babbo Natale. In realtà pare che i bambini non si sentano traditi dai genitori per aver raccontato una bugia, questo può essere dovuto al fatto che riescono a realizzare che questa menzogna fa parte della categoria delle bugie bianche, le più innocenti. Infatti, la letteratura scientifica dice che già all’età di 3 anni i bambini riescono a capire la differenza tra le “bugie buone” e le “bugie cattive”.
Tendenzialmente i bambini credono incondizionatamente a Babbo Natale fino a cinque anni, a sette i dubbi si fanno più forti, a nove non ci crede quasi più nessuno.
La scoperta avviene in diversi modi: per “dissonanza” (si riconoscono l’elastico della barba finta, o la voce del travestito da Babbo Natale) o perché qualche compagno di scuola o fratello più grande instilla il dubbio.
Quando è meglio lasciare che la verità venga scoperta gradualmente in modo che i bambini possano scoprire da soli e senza fretta la verità. Di solito la scoperta avviene attorno ai 6-7 anni e se il bambino pone domande ai genitori per confermare le sue intuizioni è bene raccontare loro la verità. Se il bambino è più piccolo e le sue domande sembrano richieste di rassicurazione e sembra stare male per una scoperta troppo precoce, si può dire che Babbo Natale a volte si fa aiutare dai genitori o che alcune persone non credono a Babbo Natale, ma che sua mamma e suo papà sì.
Se il bambino è decisamente più grande e rischia di essere schernito dai coetanei perché crede ancora a Babbo Natale, si può spiegare con delicatezza quali sono le dissonanze che presenta questa favola (un vecchietto al Polo Nord che riesce a consegnare tanti regali in sola notte su una slitta volante, che magicamente entra nelle case di tutti i bambini del mondo e che sa quali bambini sono stati buoni e quali no, …) e dirgli che anche i genitori a loro volta hanno creduto a questa figura e che ora che è “diventato grande” e conosce la verità è diventato anche lui custode di questo segreto, da non rivelare ai bambini più piccoli.