COME DEVE ESSERE LA MAMMA PERFETTA? – IL CONTROVERSO ESPERIMENTO DI HARLOW

Harry Frederick Harlow è stato uno psicologo statunitense che ha condotto nel 1958 una famosa ricerca sull’affettività.
La valutazione etica su questa ricerca è giustamente controversa, poiché Harlow per studiare l’affettività umana ha isolato dei piccoli cuccioli di scimmia dalla madre e provocando gravissimi disturbi mentali a causa degli stress inflitti.
Oggi questo genere di esperimenti non è più consentito, ma questa ricerca ci ha permesso di capire come si forma il legame affettivo tra madre e figlio.
Fino alla fine degli anni ‘50, psicologi e sociologi credevano che l’amore e l’affetto tra madre e bambino derivassero dal soddisfacimento di alcuni dei bisogni primari come la fame, la sete e il sollievo dal dolore, ma questa spiegazione non era del tutto soddisfacente: questa teoria non spiegava perché il legame di affetto tra madre e bambino continuasse anche quando la madre cessava di essere la risposta ai bisogni del piccolo.
Per studiare questo fenomeno Harlow si rende conto che non è possibile testare un campione di neonati, in quanto le loro capacità motorie si affinano molto tempo dopo la nascita, sceglie perciò di studiare i macachi, autonomi nei movimenti già a 2-10 giorni di vita e con segnali di vicinanza affettiva simili a quelli umani (allattamento, ricerca del contatto, prossimità fisica). Così separa più di 60 piccoli di macaco dalla madre a 6/12 ore dalla nascita e li nutre con latte artificiale.
Harlow nota che i cuccioli vengono immediatamente attratti dai pezzi di stoffa messi nelle gabbie e che quando questi vengono rimossi per essere lavati, i piccoli protestano, si arrabbiano e diventano violenti e se nella gabbia viene riposto un oggetto, anche solo un cono di rete metallica, i cuccioli crescono meglio rispetto a quelli che vivono in una gabbia vuota.
Per studiare meglio queste dinamiche il ricercatore costruisce una madre surrogato, con un’anima di legno ricoperta da un panno caldo e la mette nella gabbia del piccolo 24 ore su 24, nella gabbia viene anche posizionata un’altra sagoma, del tutto identica nella forma, ma senza il panno a ricoprirla.
In alcuni casi la mamma morbida ha anche la funzione di fornire il nutrimento, in altri questo compito è dato all’altra sagoma.
Indipendentemente dal fantoccio che fornisce nutrimento i piccoli sono portati a stare con la “mamma morbida” e si spostano verso l’altra sagoma solo per mangiare. E se sono spaventati i piccoli corrono tra “le braccia” della mamma confortevole.
Ma Harlow non si accontentò di stabilire se fosse meglio la “mamma morbida” rispetto a quella di ferro. I piccoli “allevati” dalla madre confortevole soffrivano comunque di seri disturbi: erano timidi, depressi, si nascondevano e le altre scimmie tendevano ad evitarli, le scimmiette allevate dalla sola mamma di ferro stavano anche peggio.
Nonostante questo Harlow decide di determinare in modo scientifico le qualità di una madre perfetta, per farlo costruisce diverse madri-surrogato: prova diversi materiali di rivestimento al fine di capire quale consistenza fosse la più gradita ai cuccioli, la spugna risulta essere quella preferita confermando così che una buona madre deve essere soffice; successivamente prova a capire se il calore è una componente fondamentale e fa passare nel fantoccio una serpentina di acqua fredda, ma i piccoli la evitano, quella mamma così fredda istintivamente li porta a pensare che sia morta.
Un’altra variabile che Harlow studia è il movimento. Costruisce così dei fantocci appesi a una certa distanza da terra, i cuccioli le adorano. Harlow conclude che una buona madre dev’essere calda, soffice e deve muoversi.
A questo punto la ricerca è già controversa, ma lo studioso decide di non fermarsi e, benché animato dalle migliori intenzioni, inizia a studiare variabili sempre più crudeli. Costruisce madri-surrogato che picchiano i piccoli tanto forte da farli volare dall’altra parte della gabbia, madri ad aria compressa che colpiscono con getti d’aria improvvisi le scimmiette e addirittura fantocci con degli spilli inseriti nella pelliccia. Nonostante questo i piccoli tornano sempre dalle mamme, il legame di attaccamento era così forte e il bisogno di affetto talmente fondamentale e profondo, che nessuna violenza li poteva separare da quei crudeli fantocci che erano il loro unico punto di riferimento.
Al di là delle questioni etico-morali che questo esperimento giustamente solleva, la ricerca dimostra che non è la funzione di nutrimento a portare all’affetto, il soddisfacimento della fame e della sete non c’entrano nulla. La vera funzione dell’allattamento, afferma Harlow, non è tanto quella di nutrire, sebbene sia fondamentale, ma è quella di assicurare un contatto continuo e intimo con la madre, allo scopo di garantire sicurezza in momenti di paura o pericolo.
Questo esperimento è particolarmente importante nella società d’oggi dove le mamme faticano a stare a casa con i figli dopo il parto a causa del lavoro. Non è fondamentale che con il piccolo stia la mamma perché è in grado di allattare, lo stesso legame di affetto e accudimento può essere anche creato con il padre.